Trento, 3 agosto 2005
BOATO: «TIBET: LA STRADA PER L’AUTONOMIA E’ LUNGA MA POSSIBILE»
Intervista a Marco Boato
del Corriere del Trentino di mercoledì 3 agosto 2006
Dal 30 giugno al 7 luglio ha guidato la delegazione parlamentare italiana in una serie di incontri con le principali istituzioni della Cina. «L’unico momento di tensione si è registrato di fronte all’assemblea popolare quando le autorità politiche cinesi hanno accusato il Dalai Lama di predicare la secessione del Tibet diffidando il parlamento italiano dal promuovere iniziative a suo favore. Ho ribattuto che non cerca la separazione ma l’autonomia» ricorda il deputato dei Verdi Marco Boato che precisa: «Il Tibet è il grande nervo scoperto della Cina e rappresenta un problema politico di gran lunga superiore a quello di Taiwan. La strada per arrivare all’autonomia è lunga ma non impossibile: non dimentichiamoci che l’Austria diede la quietanza liberatoria per la questione sud-tirolese solo nel 1992. Sono processi lenti ma qualcosa sta cambiando».
Onorevole Boato, si aspettava una folla così ampia per il Dalai Lama?
«In pochi si sono resi conto che effettivamente a Trento ha avuto luogo un evento straordinario. Duemila persone che accorrono per il Dalai Lama il primo di agosto in un pomeriggio afoso non ha precedenti. In platea era seduto accanto a me il nuovo questore che era preoccupatissimo».
Quali sono i motivi di questo interesse?
«C’è un doppio appeal: religioso e politico-istituzionale. In primo piano c’è sicuramente una grande solidarietà verso il popolo tibetano che usa metodi gandhiani. E poi l’ammirazione per una religione che, in un’epoca di fondamentalismi imperanti, predica il dialogo in interreligioso, la pace e la non violenza. Dall’altra parte abbiamo il fondamentalismo islamico e quello cristiano professato da Oriana Fallaci. Aizzano entrambi allo scontro fra civiltà. Il buddhismo sceglie una strada diversa».
Per lei cosa rappresenta il Dalai Lama?
«Sono cristiano e lo era anche il 99% dei presenti al S. Chiara ma trovo che il buddhismo sia una delle espressioni religiose più moderate ed equilibrate. Lo stesso Dalai Lama rifiuta l’esaltazione di se stesso, quando qualcuno prova a porre al centro la sua figura, lui richiama immediatamente i principi che professa. L’unico limite che intravedo è il doppio ruolo politico e spirituale che trovo positivo in questa fase perché i tibetani hanno bisogno di una guida ma se otterranno l’indipendenza spero non venga perpetuata la teocrazia».
Aver abbassato il tiro chiedendo «solo» l’autonomia è stato giusto?
«Sì anche se esiste una frangia estremista di tibetani che contesta il Dalai Lama per aver ceduto ai cinesi».
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